“W è la forza della farina”, “W è la lettera magica della farina”, “W < a 200 è impanificabile”, ecc ecc …
Questo è quello che potete leggere quasi ovunque se fate delle ricerche su internet..
ma.. ALT! Sfatiamo il mito
Come sapete quello che racconto non è la verità assoluta ma soltanto fonte di esperienze dirette e personali, vissute in prima persona nell’ampio mondo della panificazione
Cos’è il “W” (doppio v) di una farina?
Il W di una farina è il parametro che determina la forza e l’elasticità di una farina; più precisamente misura la capacità della farina di creare impasti elastici che permettono di trattenere più aria.
Come si calcola questa “W”?
Il W viene calcolato utilizzando uno strumento chiamato alveografo di Chopin (inventato nel 1921). Questo strumento imprime aria all’interno di un impasto fatto di acqua e farina creando una sorta di palloncino ed estrapola delle curve dati in base alla sua capacità di trattenere aria: più aria riesce a contenere più il W della farina sarà alto.
L’impasto che servirà come campione di prova per l’alveografo si ottiene miscelando in una apposita impastatrice la farina e l’acqua distillata salata al 2,5%, fino ad ottenere un impasto idratato al 50% .
L’impastatrice lavora per 8 minuti poi vengono estratti 5 pezzetti d’impasto, stesi e si ricavano dei dischetti di uguali dimensioni e spessore. Dopo un riposo di 20 minuti a 25°C. i dischetti sono pronti per essere sottoposti al test con l’aria.
Perché vi ho raccontato questo noioso procedimento?
Per porre l’attenzione sulla modalità con cui si prepara l’impasto tester.
Avete infatti mai provato ad impastare per ben 8 minuti un impasto di “grani antichi”? Ovviamente avendo un glutine più debole non può resistere a 8 minuti di impastatrice come invece può tranquillamente farlo un impasto di farina di grano “moderno”.
Altro aspetto interessante è l’idratazione, non tutte le farine hanno la stessa capacità di assorbire acqua perciò ho iniziato ad avere dubbi sullo strumento e le modalità utilizzate…
L’alveografo di Chopin è veramente il modo migliore per valutare il W di una farina? E soprattutto per definire la qualità di una farina?
C’è un altro aspetto che viene preso in considerazione in questa analisi: il tempo, ovvero per quanto tempo il palloncino resiste alla pressione dell’aria; perciò più il W di una farina è alto più la farina sarà forte e elastica.
E quando una farina è più o meno “forte” ed elastica?
Ciò che rende una farina più o meno forte, secondo questi parametri, è la sua capacità di creare glutine più o meno resistente, perciò tutte le farine che hanno un maggior contenuto di gliadina e glutenina (che sono le sostanze che generano il glutine quando la farina viene impastata con l’acqua) risultano con un W elevato. Ma è importante osservare che questi parametri non sono determinati solo dalla quantità di queste due proteine bensì anche dalla loro struttura e qualità.
Come scritto in questo articolo della Dott.ssa Silvia Petruzzelli ( http://www.ilcibodellasalute.com/piu-alveolo-o-piu-salute/ ), sappiamo bene quali sono i cereali che sono in grado di sviluppare un glutine più forte, sappiamo perché sono state fatte modifiche ai cereali per avere un glutine più forte e sappiamo cosa queste modifiche comportino a livello di digeribilità, di impatto ambientale e anche di economia locale e/o circolare.
Insomma, da un pò di anni, questa lettera W ha preso talmente tanta importanza che oggi viene determinata la qualità di una farina in base a questo parametro; forse troppa, non credete?!
Oggi infatti, una farina con W superiore a 250 viene considerata buona o adatta ai lievitati, se invece è tra 250 e 150 viene considerata “debole”, mentre se è sotto 150 viene definita di scarsa qualità, debole e non adatta alla panificazione. Perchè?
Cerchiamo di capire meglio qual è l’esigenza che ha spinto gli uomini a inventare questo parametro..
Sempre la stessa, simile a quella che ha portato l’uomo a fare modifiche sui cereali ecc.., ovvero il bisogno di avere una farina standard, sempre uguale e che potesse garantire la creazione di impasti sempre con la stessa consistenza, elasticità e capacità di assorbire acqua. Queste esigenze nascono probabilmente con il passaggio della panificazione casalinga/artigianale a quella industriale, iniziando ad utilizzare macchinari come impastatrici, spezzatrici, formatrici, ecc…
In poche parole quando si iniziò a far fare il pane alle macchine e non più alle persone, nacque la necessità di avere dei parametri per misurare, e quindi classificare le farine che potevano dare prestazioni adeguate alla panificazione “industriale”.
Quello che voglio trasmettervi io oggi con questo articolo..

È che secondo me i tempi sono maturi per andare oltre a valori e parametri, soprattutto se questi sono legati a dare indicazioni utili a chi ha esigenze legate a un utilizzo “industriale” o a chi ha esigenze di utilizzare farine molto tecniche per la realizzazione di grandi lievitati come il panettone (e anche qui ci sarebbe da fare un articolo ☺).
Ora calo il ragionamento alla realtà del nostro panificio..
La nostra idea di pane e altri prodotti da forno, infatti, è molto chiara; sappiamo esattamente cosa vogliamo fare e quali sono in nostri obbiettivi: produrre prodotti che possano essere il più sani possibile per il nostro organismo, che rispettino l’ambiente e che valorizzino l’economia del territorio. Avendo piena coscienza e consapevolezza di questo sapete a me quanto interessa il W della farina? Credo possiate immaginarlo ☺ Questa affermazione un pò spavalda, come scrivevo sopra, non è una verità assoluta e la faccio a seguito di esperienza diretta legata ad anni di panificazione con materie prime con W considerato “impanificabile”; sappiamo con certezza che è possibile fare un buon pane anche con farine con questo parametro basso. Anzi, possiamo affermare con sicurezza che spesso si ottiene un pane decisamente migliore!!
Questa affermazione è rafforzata anche da riconoscimenti ottenuti che ci hanno permesso di essere considerati tra i migliori panifici d’Italia (vedi riconoscimenti Gambero Rosso) nonostante nessuno dei nostri pani sia fatto con farine ad alto W.
Andando oltre possiamo fare anche un ragionamento legato al glutine: abbiamo visto prima che il W dipende dalla capacità della farina di creare glutine resistente; ecco, oggi sappiamo anche che il glutine “forte” sta creando tantissimi problemi di salute, fra cui il più grave è la celiachia. Il glutine infatti, non è altro che un filo più o meno resistente, più o meno elastico e più o meno solubile; l’insieme di questi fili crea una rete chiamata anche maglia glutinica che crea poi la struttura degli impasti e nel nostro caso del pane. È chiaro che, in base a quello che sappiamo, se questa rete è composta da filamenti estremamente più forti, elastici e difficilmente solubili, il nostri intestino quando si troverà a dover scomporre questi fili per digerirli e renderli assimilabili, farà una fatica enorme; in alcuni casi, non riuscendo a digerirli o dissolverli a dovere, rimarranno appiccicati nelle pareti del nostro intestino andando poi ad inibire i villi intestinali e mettendolo in una condizione di continua infiammazione rendendo così difficile la digestione in generale.
Perciò.. siamo ancora sicuri che il W sia un parametro utile per determinare la qualità di una farina?
Beh secondo me no, assolutamente NO! Anzi, oserei dire che per le nostre esigenze e soprattutto per l’etica che c’è dietro ad ogni nostro pezzo di pane, o prodotto del nostro forno, il W è un parametro per capire quale farina è di scarsa qualità. Sembra un po’ un paradosso, un’esagerazione, ma vi posso garantire che per me e per il nostro forno è esattamente così! So per certo che una farina con W alto non è adatta per il tipo di prodotto che facciamo noi e va nella direzione esattamente contraria a quella che dal 1979, invece, abbiamo preso.
Quindi vi chiederete.. come scelgo le farine?
Quali sono le caratteristiche di una farina di qualità secondo te?
La scelta della farina è diventata per me, e per il nostro laboratorio, un aspetto fondamentale!
Da quando ho preso coscienza e conoscenza sul mondo delle farine, e di conseguenza sul mondo del grano, non ho potuto fare a meno di apportare cambiamenti radicali sulle scelte delle mie materie prime. Oggi per me una farina di qualità deve prima di tutto essere da grano coltivato con metodo naturale-biologico, deve aver fatto poca strada prima di arrivare nel nostro laboratorio (oggi tutte le farine che utilizziamo son da grano coltivato in provincia di Forlì-Cesena), deve derivare da grani “antichi” (vedi articolo precedente), deve derivare da grano a taglia alta e con glutine più gentile e deve essere coltivata e molita a pietra da un mugnaio che conosco personalmente e di cui mi fido.
Sicuramente tutte hanno un W molto basso che varia in base alla tipologia di farina da 90 a 220 circa. Fortunatamente oggi praticamente tutte le farine che utilizziamo in laboratorio hanno queste caratteristiche e questo ci da molta soddisfazione!
Ed è per questo che ringraziamo tutte le persone, e non solo, che rendono tutto questo possibile.

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