Inizia una nuova avventura
recupero vecchie varietà di grano Romagnolo
Il mio forte interesse nello scoprire cosa c’è dietro e dentro ad un buon pane mi ha portato a conoscere ed approfondire la storia del grano e, di conseguenza, a conoscerne diverse varietà. Da quando ho scoperto come e perché venne modificato il grano durante il periodo chiamato “rivoluzione verde” la mia vita è cambiata. Mi sono dedicato allo studio dei grani antichi. Ho letto libri, frequentato seminari, workshop e incontri con ricercatori, agricoltori, fornai, ho impastato tante farine di diverse varietà di grano antico per verificare praticamente le informazioni che raccoglievo e farne una esperienza diretta, VERA.
Uno dei personaggi che ho avuto la fortuna di conoscere è Stefano Tellarini. Ci siamo trovati insieme alla giornata del grano del consorzio agrario di Ravenna e poi mi è venuto a trovare in laboratorio per partecipare ad uno dei nostri corsi di panificazione. In quella occasione abbiamo avuto modo di parlare del mio progetto agricolo. Avevo da poco coltivato per la prima volta il grano e siccome stava andando tutto bene il mio entusiasmo era alle stelle. Stefano mi disse che c’era la possibilità di avere un po’ di seme di una vecchia varietà che secondo le sue ricerche (pubblicate sul suo libro Grani e Gente) veniva coltivata nella nostra zona della Romagna.
Lo scopo di questa avventura
i grani antichi del futuro
Accolsi la proposta immediatamente. Da tempo fra i miei sogni c’è quello di recuperare vecchie varietà del nostro territorio per riprenderne l’uso e la semina, dando a quella qualità una nuova possibilità di adattarsi al terreno ed evolversi. A quel punto, il mio nuovo obiettivo era riuscire ad avere varietà di grano adattate al nostro specifico territorio, partendo dalle vecchie varietà qui coltivate fino agli anni 40.
Tornare alle origini per creare un futuro più equo è uno dei miei punti d’onore. Voglio ripartire da com’era e ricreare un processo che durato migliaia di anni, perché la selezione e l’adattamento delle sementi venivano svolte dagli agricoltori e sfruttando tutte le caratteristiche del loro ambiente, cioè la natura nella quale erano immersi: il terreno, il clima, l’altitudine propri del nostro territorio.
Quando dopo la seconda guerra mondiale l’industria chimica e i centri di ricerca monopolizzarono lo sviluppo e la produzione delle sementi questo processo fu interrotto, abbandonato, dimenticato a tutto vantaggio di uno sfruttamento intensivo e iper produttivo dei terreni. Questa fu chiamata “rivoluzione verde”. Per me ora è fondamentale creare un legame col passato, dar vita ad un collegamento fra i nostri tempi e quello pre rivoluzione verde.
Tornare alle origini per creare un futuro più equo è uno dei miei punti d’onore. Per me ora è fondamentale creare un legame col passato, dar vita ad un collegamento fra i nostri tempi e quello pre rivoluzione verde.
L’arrivo di una busta tramite posta da parte Stefano Tellarini, è stato un vero evento: conteneva un sacchetto di semi di grano, il primo strumento per fare la rivoluzione. Era la BIANCHELLA, il grano che avrei dovuto seminare in una piccola parcella del mio terreno per iniziare il recupero di questa varietà. L’emozione che provai nell’aprire la busta fu enorme. Ero molto felice e nello stesso tempo consapevole di avere una responsabilità: dovevo prendermi cura di questi semi e metterli nelle condizioni migliori per riprodursi. Non vedevo l’ora di cominciare.
Attesi il mese di novembre e i giorni che il calendario biodinamico indica come adatti alla semina di cereali. Andai assieme al vecchio al podere e dopo aver delimitato la parcella che avrebbe ospitato i semi ci mettemmo al lavoro con zappa, forca vanga e rastrello per creare un letto di semina adatto. Approntato il terreno con fatica e sudore ancora vivi passammo alla semina, il momento tanto atteso. Spargemmo a mano sul fazzoletto di terra i semi cercando di farlo in maniera omogenea. Conclusasi questa prima fase iniziai ad attendere lo spuntare dei primi fili verdi.
A dicembre, quando fecero capolino i primi steli verdi, ci fu la prima conferma: eravamo sulla strada giusta. Il ciclo è lungo e sapevamo che saremmo stati letteralmente legati a questi fili d’erba per diversi mesi. In tutto questo tempo, l’iniziale filo d’erba subisce continue e grandi trasformazioni. A Maggio si possono vedere le prime spighe, verdi con una infinità di venature e sfumature, poi con il passare di giugno vanno a maturazione e iniziano a ingiallire asciugandosi. Il chicco, da quando si è formato è passato da un verde e morbido contenitore di una polpa bianca simile al latte a un granello giallo scuro duro come un sasso.
E' tempo di raccogliere
Siamo arrivati a metà Luglio e la Bianchella è pronta per essere raccolta.
Da quella prima volta, sento sempre alcuni pareri su come procedere, in particolare quello Gianni l’agronomo e tecnico di laboratorio di Benedettelli (università di Firenze) uno de prof. che più di tutti ha studiato vecchie varietà di grano. Mi spiega esattamente come si procede quando si seleziona una vecchia varietà per la riproduzione. Gianni è un amante di questi processi e mi racconta anche una parte sentimentale legata alle spighe a come ci appaiono alla vista, come si muovono e danzano con il vento e il rumore che fanno quando il vento le accarezza. La condivisione di queste esperienze mi commuove. E percepisco sempre più che sono su quella che per me è la via giusta.
Mi confronto anche con Tellarini e decidiamo di procedere con il raccolto eliminando le spighe che a occhio mostrano caratteristiche differenti dalla popolazione di Bianchella (consigli ricevuti anche da Gianni). Per fortuna il seme donatomi da Stefano era già ben selezionato e su tutta la parcella ho individuato soltanto 5 spighe differenti dal genotipo scelto Bianchella.
Il mio momento migliore, sui campi, è la sera, quando il sole sta per tramontare. Prendo le forbici da potatura e scendo fino alla parcella, scatto le ultime foto alle spighe e inizio a raccoglierle una alla volta. Le taglio, le guardo e le metto dentro ad un sacco (quelli della farina che utilizziamo al forno). La prima volta gustai al massimo il momento. Verso metà lavoro arrivava per fortuna anche Federica per darmi una mano a finire la raccolta. Sembrava un lavoro da poco, ma anche se l’area era piccola raccogliere le spighe una a una è impegnativo.
Finalmente si trebbia
un'altra esperienza che non dimenticherò
Ora rimane l’ultimo passaggio. La mietitura, che al giorno d’oggi significa un grande mezzo simile ad una astronave che entra nel campo, raccoglie le spighe e separa la paglia dalla pula, mantenendo soltanto i chicchi del grano in un serbatoio per poi rovesciare il raccolto in un carro o in grandi sacchi. Una volta queste operazioni si facevano in più fasi e la trebbiatura si faceva a casa o in azienda con una macchina, la trebbia appunto, che spesso stava nell’aia dei poderi. Siccome ho poche spighe, circa 400 credo, faccio il lavoro a mano. Perciò arruolo donne e bambini e assieme ci mettiamo all’opera presso un tavolo nell’aia del podere.
separiamo tutti i chicchi di grano dalle spighe. Inizialmente è molto divertente, strisciare schiacciando con forza la spiga fra le mani e sentire i chicchi di grano che cadono sul setaccio da soddisfazione. Poi ci accorgiamo che è un lavoro vero, ci rimbocchiamo le maniche e con impegno trebbiamo tutte le spighe, poi resta da separare tutta la pula dai chicchi. Non abbiamo una attrezzatura adatta, perciò il grosso lo togliamo a mano e la parte più fine soffiando sotto la retina del setaccio cercando di non far volar via anche i chicchi. Al termine di tutte le operazioni abbiamo un sacchetto di granella Bianchella pulita e pura.
La prima volta scesi in laboratorio e lo pesai: erano 850g, più del doppio di quello che avevamo seminato. Sono sempre orgoglioso del lavoro fatto, e ogni anno sono già pronto per la semina successiva e inizio già a pensare alle possibili soluzioni per la trebbiatura prossima. Cinque anni di semina e selezione, una lunga avventura che ci porterà un domani a coltivare una superficie più estesa di Bianchella per poterne ottenere la farina con cui faremo il nostro pane. Se chiudo gli occhi, la sera, nel mio campo, un momento prima che il sole tramonti, mi sembra già di vivere quel giorno, quando potrò gustare il sapore di quel pane. Sarà fantastico!
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